Ieri, all’uscita dall’allenamento, abbiamo incontrato Simone Perego, collaboratore tecnico della SERIE A2 ELITE di calcio a 5, a cui abbiamo fatto delle domande.
1) Ci racconti del tuo arrivo in Olimpia e dei ruoli da te ricoperti?
Sono arrivato all’Olimpia nell’estate del 2023.
La scorsa stagione ho allenato la squadra U15 mentre in questa ancora in corso mi sono unito allo staff della prima squadra come collaboratore tecnico
2) Ci fai un bilancio di questi primi mesi di stagione?
Nonostante l’attuale posizione in classifica il bilancio per me è comunque positivo. In questi primi mesi ho avuto la grande opportunità di confrontarmi con una categoria di altissimo livello.
Lo staff della prima squadra è composto da grandi professionisti e da persone che ammiro molto.
Il gruppo dei giocatori è formato da ragazzi eccezionali che lavorano con grande impegno e dedizione. Sempre!
3) Come descriveresti il passaggio dal lavoro con il settore giovanile alla gestione della prima squadra? Quali sono le principali differenze e le sfide che hai affrontato?
Nel settore giovanile la cosa più importante è riuscire a coinvolgere i ragazzi. Preparando degli allenamenti stimolanti sotto il profilo tecnico, tattico e fisico, che li facciano divertire e contemporaneamente migliorare.
In più è fondamentale ascoltarli, confortarli e aiutarli il più possibile a superare le difficoltà tipiche dell’adolescenza.
Ho cercato di essere per loro un buon esempio provando a trasmettere valori importanti come l’umiltà, il rispetto e la determinazione.
Anche con la prima squadra è fondamentale creare un’ambiente lavorativo stimolante e coinvolgente, ma l’attenzione ai dettagli tecnico-tattici è molto molto molto più elevata. Si lavora per ore e ore per migliorare una rotazione, una rimessa laterale o un calcio d’angolo.
La prima squadra è formata da giocatori professionisti e molto esperti a cui non serve “insegnare” il calcio a 5 come nel caso del settore giovanile.
Si tratta di più di una serie di confronti costruttivi volti a migliorare le situazioni di gioco.
Questi momenti in particolare sono per me fonte inesauribile di informazioni e insegnamento.
4) Che tipo di rapporto hai con i tuoi giocatori, in particolare quelli più giovani? Come aiuti a favorire il loro sviluppo sia sul piano tecnico che mentale?
Ho instaurato con tutti i giocatori un ottimo rapporto basato sul rispetto e la fiducia reciproca. Soprattutto con i più giovani mi piace fermarmi a parlare di questioni non strettamente legate al calcio a 5. Mi piace ascoltare le loro storie e ogni tanto mi permetto di dare loro qualche consiglio da fratello maggiore.
Penso che un ragazzo riesca ad esprimersi al meglio delle sue capacità quando si sente apprezzato e supportato. Io contribuisco nel limite del possibile a creare un ambiente di lavoro sano e sereno in cui possano dare il meglio di loro stessi.
5) In che modo utilizzi l’esperienza maturata con il settore giovanile per gestire il gruppo della prima squadra, specialmente nei momenti di pressione?
I ragazzi non amano parlare di quello che provano, soprattutto gli adolescenti, ma esprimono le loro emozioni attraverso dei gesti o degli sguardi. Riconoscere e capire quei gesti è importante per riuscire a intervenire subito nei momenti di frustrazione o scontento o scoramento, che anche in prima squadra si possono verificare e che se non venissero affrontati e risolti subito potrebbero peggiorare fino a diventare un problema.
Io cerco di intercettare queste situazioni sfruttando l’esperienza maturata lavorando con ragazzi più giovani.
6) Come monitori e valuti il progresso di un giovane giocatore nel passaggio dalla giovanile alla prima squadra? Che segnali cerchi per capire quando è pronto per fare il salto?
Il passaggio dal settore giovanile alla prima squadra ha un grado di difficoltà veramente molto alto. Soprattutto quando la prima squadra partecipa a campionati importanti come le serie A, A2 élite e A2.
Questi campionati sono ricchi di giocatori fortissimi e di enorme esperienza. I ritmi di gioco sono forsennati e la tecnica e la tattica richieste sono davvero di un livello molto elevato.
Per un ragazzo di 19-20 anni ritrovarsi a giocare a questi livelli non è semplice.
Gli allenamenti da sostenere sono tanti e impegnativi e spesso il minutaggio nelle partite è molto basso o anche nullo. Questa situazione è difficile da accettare per dei ragazzi che amano giocare, ma le partite sono spesso molto tirate e decise da dettagli. In condizioni difficili come queste gli allenatori fanno fatica a dare spazio ai giocatori più giovani e inesperti.
Secondo me una soluzione valida sarebbe avere una squadra B iscritta in un campionato regionale in cui tutti i giovani provenienti dalla U19 potessero sperimentare sul campo i progressi fatti con gli allenamenti eseguiti anche in prima squadra.
In questo modo avrebbero più tempo per maturare e per crescere come calciatori di calcio a 5.
In generale i segnali che cerco per capire se un ragazzo è pronto a fare il salto in prima squadra sono la sua determinazione e la sua resistenza al sacrificio.
Diventare giocatori di calcio a 5 professionisti richiede tanti sacrifici… bisogna lavorare tantissimo a livello fisico, tecnico, tattico e soprattutto mentale.
“Non basta desiderare, bisogna volere ardentemente.”